Nel
giorni scorsi abbiamo fatto la felice scoperta che la consigliera di
minoranza del M5S al Comune di San Giorgio esiste ed ha perfino
protocollato una mozione da discutere al prossimo consiglio Comunale
sul tema del baratto amministrativo.
All'interno
della mozione e dei comunicati stampa ad essa collegati leggiamo: il
documento prende ispirazione dalle difficoltà che sempre più
concittadini incontrano nel far fronte al pagamento dei tributi
comunali e dalle ingenti somme evase, di cui il Comune di San Giorgio
del Sannio è creditore, a titolo di imposte e tasse locali. Un
sistema che farebbe contento chi, magari essendo disoccupato, ha
tempo a disposizione e debiti
insoluti.
Le tasse dovute, in questo caso, sarebbero trasformate in ore da
dedicare alle attività in favore della comunità.
Ebbene,
nel leggere il testo della mozione, ci è venuto un groppo in gola!
Ebbene
sì, un groppo in gola: ma se lo sappiamo perfino noi, miseri e
comuni cittadini attivi che questa cosa non si può fare, com'è
possibile che non lo sappiano gli “eletti”???
E,
peggio ancora, com'è possibile che il gruppo Futuro Giovani che fa
capo al Sindaco Pepe, uomo politico navigato, ben coadiuvato da
commercialisti ed avvocati, faccia sapere attraverso un post su
Facebook che la maggioranza ha “già
manifestato la volontà di utilizzare questo strumento. E lo ha fatto
formalmente nella dichiarazione di voto della maggioranza sul
Bilancio di previsione durante il Consiglio Comunale del 20 luglio
scorso”???
Ma
andiamo per ordine e cerchiamo chiarire cosa è cambiato dalla
promulgazione del LEGGE
11 novembre 2014, n. 164 (Conversione, con modificazioni, del
decreto-legge 11 settembre 2014, n. 133)
, che all'art. 24 istituisce il baratto amministrativo, ad oggi .
Come
scritto nella mozione presentata protocollata dalla consigliera 5
stelle, l'art. 24 prevede
la
possibilità di deliberare riduzioni o esenzioni di tributi a fronte
di interventi per la riqualificazione del territorio da parte di
cittadini singoli o associati e, sempre secondo il testo della
mozione, la richiesta di usufruire di questa possibilità nasce
dall'esigenza di dare vita ad una sorta di sanatoria dei debiti
tributari pregressi dei cittadini nei confronti del Comune attraverso
la prestazione di attività socialmente utili. Si parla, infatti,
chiaramente di debiti insoluti.
Detta
così il baratto amministrativo sembrerebbe uno strumento ottimo sia
per i cittadini con una pesante situazione debitoria nei confronti
dei Comuni sia per i Comuni che attraverso questo strumento
potrebbero ridurre i crediti derivanti dal mancato pagamento dei
tributi.
Ebbene,la
recente deliberazione n.
27/2016/PAR
della sezione
regionale di controllo per l’Emilia-Romagna della Corte dei Conti
ha chiarito una volta per tutte, dopo la confusione fatta in numerosi
Comuni italiani, anche da attivisti e portavoce a 5 stelle, le
modalità applicative del baratto amministrativo, escludendo proprio
la possibilità per i Comuni di concedere riduzioni o esenzioni dai
tributi locali in relazione a debiti fiscali pregressi.
Il
testo della deliberazione della Corte dei conti dell'Emilia Romagna,
infatti, non lascia spazio a fraintendimenti: non
è “ammissibile
la possibilità di consentire che l’adempimento di tributi locali,
anche di esercizi finanziari passati confluiti nella massa dei
residui attivi dell’ente medesimo, possa avvenire attraverso una
sorta di datio in solutum ex art. 1197 c.c. da parte del cittadino
debitore
che, invece di effettuare il pagamento del tributo dovuto, ponga in
essere una delle attività previste dalla norma (art. 24, cit.) e
relative alla cura e/o valorizzazione del territorio comunale.
La
Sezione ritiene che tale ipotesi non solo non rientrerebbe
nell’ambito di applicazione della norma in quanto difetterebbe il
requisito dell’inerenza tra agevolazione tributaria e tipologia di
attività svolta dai soggetti amministrati, elementi che, peraltro,
devono essere preventivamente individuati nell’atto regolamentare
del Comune, ma potrebbe determinare
effetti pregiudizievoli sugli equilibri di bilancio considerato che i
debiti tributari del cittadino sono iscritti tra i residui attivi
dell’ente”.
In
soldoni, ciò significa che anche se un Comune si dota oggi di un
Regolamento del Baratto Amministrativo, esso non può essere
applicato ai debiti accumulati in passato.
Gli
articoli del regolamento, infatti, per essere rispondenti all'art.24
dello Sblocca Italia dovranno dettagliatamente definire le attività
che possono essere svolte dai potenziali beneficiari e quantificare
dettagliatamente la spesa: solo in questo modo verrebbe rispettata la
condizione fondamentale ribadita dai giudici contabili, la cosiddetta
inerenza tra agevolazione tributaria e tipologia di attività svolta
dai soggetti amministrati.
Per
essere ancora più chiari il valore economico della prestazione
offerta dal cittadino deve corrispondere alla misura delle imposte
locali agevolate e la relativa delibera assunta dall’ente pubblico
territoriale deve motivare adeguatamente la decisione di avvalersi
dell’istituto del baratto sulla base di una attenta valutazione di
tutti gli interessi coinvolti che dimostri la convenienza, anche
economica, della scelta effettuata.
Va
da sé che il Regolamento diventa operativo dal momento
dell'approvazione e non può avere valore retroattivo.
Ciò
detto, è evidente che gli amministratori che utilizzassero il
baratto per sanare debiti pregressi correrebbero il rischio non solo
di sforare gli equilibri di bilancio ma anche di essere passibili di
denuncia per danno erariale.
Esiste,
poi, un'altra determinazione,
la n. 12/2016 della
Corte dei Conti sezione controllo del Molise
la quale ha escluso che l'utilizzo del baratto possa essere
utilizzato per aggirare vincoli di finanza pubblica, né tanto meno
acquisire beni o servizi in violazione di precisi e puntuali divieti
stabiliti dalla normativa finanziaria.
In
parole povere ciò significa che poiché esiste un “Codice dei
contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in
attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”, codice che
impone alle “amministrazioni aggiudicatrici” di osservare le
regole della cosiddetta evidenza pubblica (ovvero predisporre e
rendere noto il bando di gara) per la conclusione di contratti aventi
per oggetto l'acquisizione di servizi, prodotti, lavori e opere,
qualsiasi eventuale esecuzione di opere pubbliche, anche quelle volte
a sanare l’intero importo del debito da parte dei cittadini nei
confronti del Comune, non può sottrarsi al rispetto della legge.
E
non è possibile nemmeno utilizzare, per aggirare l'ostacolo, lo
strumento della compensazione del debito dal momento che è
impossibile compensare un debito certo, quello del contribuente, con
un credito futuro. La
compensazione, infatti, può operare solo tra crediti certi, liquidi
ed esigibili.
Tutto
ciò evidenzia come il baratto amministrativo non sia quello
strumento semplice ed utile che si ipotizzava fosse e che per poterlo
realizzare è necessario uno studio approfondito sia di natura legale
che fiscale, studio che da cittadini attivi ed attenti a quanto viene
proposto e realizzato nel nostro Comune auspicavamo fosse già stato
fatto da maggioranza e opposizione vista la disponibilità già
dimostrata a valutare l'adozione di questo strumento.
Ci
spiacerebbe davvero tanto se dovessimo venirci a trovare nella
situazione della gatta che per la fretta fece i figli ciechi!!!
Comprendiamo
la necessità di entrambi,maggioranza e minoranza pentastellata,
forse anche un po' demagogica, di mostrarsi attivi e attenti alle
necessità dei cittadini, in particolare delle famiglie in
difficoltà, tuttavia forse è il caso di evitare di aggiungere al
danno dei crediti non riscossi la beffa di una denuncia per danno
erariale alle casse comunali!!!
Tutto
ciò detto, ci permettiamo di suggerire alla maggioranza e
all'opposizione a 5 stelle una soluzione che capovolge la visione del
baratto amministrativo come strumento socio – assistenziale e lo
trasformi in una
misura di sussidiarietà che stabilisca oggi un patto tra Ente
pubblico e cittadini per progettare l'azione collettiva di domani.
Con
l'aiuto di amici avvocati e commercialisti e grazie all'ampia
documentazione fornitaci da diverse associazioni nazionali che si
occupano di welfare e beni comuni, infatti, abbiamo individuato una
tipologia di regolamento comunale che superi la sequenza
difficoltà economica individuale
→morosità
fiscale nei tributi comunali
→disponibilità
a lavorare in situazioni di pubblica utilità per il ripiano del
debito fiscale
e consideri, invece, essenziale l'impostazione sussidiaria, dove il
riferimento allo sconto fiscale sia secondario ed eventuale, e
comunque non motivante l’avvio della sequenza, e che abbia il
proprio incipit nella gratuita volontà di contribuire al bene comune
(meglio se in forma associata) e non di trarne vantaggi personali in
termini di sconti fiscali.
Questo
è infatti, il metodo interpretativo individuato dalla Corte dei
Conti dell'Emilia Romagna quando sostiene che l'art.
24 dello Sblocca Italia è “espressione
del principio della sussidiarietà
orizzontale di
cui all’articolo 118, comma 4, Costituzione, in quanto consente
alle comunità di cittadini di partecipare alla gestione dei servizi
relativi alla cura e alla valorizzazione del territorio“
Ci
riferiamo nello specifico ad un REGOLAMENTO
DI COLLABORAZIONE TRA CITTADINI ED AMMINISTRAZIONE PER LA CURA, LA
GESTIONE CONDIVISA E LA RIGENERAZIONE DEI BENI COMUNI che
disciplini, sulla base di principi condivisi quali
fiducia
reciproca, trasparenza, responsabilità, autonomia civica,
valorizzazione dell'impegno di tutti i cittadini tutta una serie di
interventi, aperti a tutti, sugli spazi pubblici e sugli edifici
(gestione condivisa, cura e manutenzione ordinaria), interventi di
innovazione sociale (attività e progetti a carattere culturale,
ambientale, sportivo, turistico, economico e sociale) e di promozione
della creatività urbana (sperimentazione artistica e
riqualificazione delle aree).
Si
tratta di una tipologia di regolamento che mette a disposizione dei
cittadini attivi uno strumento in più rispetto al passato, un patto
di collaborazione che, oltre a definire obiettivi, tempi e modalità
di azione, prevede una serie di agevolazioni per i cittadini stessi:
esenzione in materia di imposte, tasse e diritti; accesso agli spazi
comunali; dispositivi di protezione individuale e beni strumentali;
affiancamento nella progettazione; formazione; risorse finanziarie a
titolo di rimborso spese di costi sostenuti; forme di riconoscimento
e agevolazioni amministrative
Pertanto,
abbiamo inviato alla nuova amministrazione Pepe un'istanza in cui
proponiamo l'analisi delle esperienze delle città che hanno già
approvato questo tipo di regolamento, partendo da uno dei fiori
all'occhiello delle amministrazioni a 5 stelle, ovvero Pomezia, dove
grande è stato l'impegno della vice Sindaco Elisabetta Serra per
portare avanti questo strumento fortemente innovativo.
Inoltre,
abbiamo richiesto di considerare l'eventualità di creare un percorso
sperimentale di gestione condivisa dei beni comuni anche nel Comune
di San Giorgio del Sannio.
Un'ultima
considerazione: proprio a Pomezia nell'aprile scorso si sono recati
numerosi candidati del m5s sannita per approfondire, come comunicato
alla stampa locale, i temi legati alle dinamiche di funzionamento
della macchina amministrativa con uno specifico riferimento alla
gestione dei beni
comuni,[http://www.ntr24.tv/2016/04/02/comunali-il-m5s-di-benevento-incontra-lamministrazione-a-5-stelle-di-pomezia/]
ma, evidentemente, i candidati di San Giorgio del Sannio, visto il
loro approccio al tema, quel giorno o non erano attenti o non hanno
preso bene gli appunti.