C'è qualcuno (indovinate chi) che sta creando confusione sull'utilizzo dei voucher lavoro.
Sarebbe bastato STUDIARE prima di parlare per evitare questo inconveniente.
Cmq, è bene fare chiarezza sia sulla definizione di VOUCHER che su quella di LAVORO ACCESSORIO.
Il lavoro accessorio, almeno con riferimento al nostro attuale ordinamento nazionale, è stato introdotto al D.Lgs. n. 273/2003, che, con il Capo II, disciplina «prestazioni occasionali di tipo accessorio».
Consiste in una particolare modalità di prestazione lavorativa la cui finalità è quella di regolamentare quelle prestazioni lavorative, definite appunto accessorie, che non sono riconducibili a forme tipiche di contratto di lavoro in quanto svolte in modo saltuario e occasionale nonché tutelare situazioni
non espressamente ed appositamente regolamentate dal legislatore, assicurando ai prestatori di lavoro minime tutele previdenziali ed assicurative.
Al tempo della sua introduzione il lavoro accessorio si presentava in maniera ambigua e di difficile individuazione concreta, non essendo oggettivamente chiaro quale potesse essere una prestazione accessoria e occasionale.
Sono stati la legge n. 92/2012 (c.d. riforma “Fornero”) ed il D.L. n. 6/2013, convertito nella legge 9 agosto 2013, n. 99, a imporre una radicale trasformazione della originaria disciplina del lavoro accessorio
Infatti, anzitutto, la legge n. 92/2012, pur ribadendo la natura meramente occasionale dei rapporti di lavoro accessorio, ha eliminato l’elenco
di attività previste dalla disciplina previgente e, adottando un criterio più propriamente economico e quantitativo, ha stabilito che si definisce “lavoro accessorio” quello per il quale il prestatore di lavoro, nel corso dell’anno solare, non percepisse più di euro 5.000 netti complessivi (ora elevato a 7000) e non più di euro 2.000 netti da ciascun committente (imprenditore o professionista).
Dunque, con la legge n. 92/2012 i buoni lavoro sono estesi a «tutti i settori produttivi compresi gli enti locali».
Ma la successiva legge n. 99/2013, che ha convertito il D.L n. 76/2013, è giunta a modificare la natura stessa del lavoro accessorio.
Infatti, confermando una “interpretazione” dell’istituto già formulata dal Ministero del lavoro con la circolare n. 4/2013, ha eliminato dalla definizione delle prestazioni di lavoro accessorio (comma 1, dell’art. 70 del D.Lgs. n. 276/2003) il riferimento alla «natura meramente occasionale».
Pertanto tale tipologia di lavoro è stata definita dai soli limiti economici dei compensi, prescindendo invece - ciò che più conta - dalla tipologia dell' attività svolta, potendo identificarsi dunque con l’insieme delle prestazioni lavorative (non più meramente occasionali!) «che non danno luogo, con riferimento alla titolarità dei committenti, a compensi superiori a 7.000 euro nel corso di un anno solare» e, con riferimento allo specifico committente,a un compenso superiore a 2.000 euro.
Il pagamento della prestazione accessoria avviene solo attraverso lo strumento fisso e immodificabile dei “buoni lavoro” (voucher), nel senso che non sono ammesse modalità retributive diverse, perlomeno se si vuole rientrare nella disciplina e nelle tutele (pur ridotte) del lavoro accessorio.
Tutto ciò premesso, al netto del fatto che il lavoro accessorio costituisce un'anomalia nel sistema giuslavoristico e che necessita di una più compiuta armonizzazione con l'ordinamento giuridico attuale,NON ESISTONO PROFILI DI DI ILLEGITTIMITA' NELL'UTILIZZO DEI VOUCHER PER LAVORI ANCHE NON OCCASIONALI, dal momento che il riferimento alla «natura meramente occasionale»non esiste più. A conferma di ciò, cito l'esempio del Comune di Rodigo, nel Mantovano. Qui la giunta ha deciso di chiudere il contratto di igiene urbana con la partecipata Mantova Ambiente e di provvedere autonomamente al servizio anche con lavoratori pagati a voucher. I sindacati hanno protestato e Mantova Ambiente ha fatto ricorso. Alla fine, il Consiglio di Stato ha dato ragione alla giunta di Rodigo, chiarendo che, stanti le ultime disposizioni,Il Comune non ha fatto un uso distorto del voucher.
In conclusione, sia chiaro: IO NON SONO AFFATTO D'ACCORDO CON QUESTA PRECISA SCELTA DEGLI ULTIMI GOVERNI CHE SI SONO SUCCEDUTI DI ABDICARE ALLA COSTITUZIONE, CHE IMPONE ALLO STATO IL RUOLO DI GARANTE DEI DIRITTI MINIMI ANCHE SUL LAVORO COME QUELLO AD UN'ESISTENZA LIBERA E DIGNITOSA!!!
L’articolo 36 ad es. recita: “Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”. Questi diritti fondamentali non sono riconosciuti per legge nel lavoro accessorio, soprattutto se retribuito a voucher. L’esplosione di questo fenomeno, esondato anche nella Pubblica Amministrazione è un fatto grave e soprattutto non è un effetto collaterale ma il preciso risultato di scelte legislative sbagliate, imposte negli ultimi anni dalle politiche di austerità comuni a diversi Paesi europei.
Fortunatamente, questa non è una condizione irreversibile, ma, per eliminarla sarà necessario un cambiamento di rotta a 360° sulle politiche economiche e del lavoro che, ad oggi, si può realizzare solo ed esclusivamente con un Governo a 5 Stelle.
Fino a quando ciò non accadrà, si deve OGGETTIVAMENTE prendere atto che i voucher rappresentano quindi il modo attraverso cui negli enti locali si prova a mediare tra bisogni sociali ed esigenze di bilancio.
NON E' QUELLO CHE VOGLIAMO PERO' E' QUELLO CHE C'E' ATTUALMENTE SUL PIATTO DELLA BILANCIA.
NOSTRO COMPITO SARA' QUELLO DI VIGLIARE SULLA TRASPARENZA DELLE OPERAZIONI E DELLE GRADUATORIE, COSA CHE FAREMO PER QUANTO RIGUARDA IL COMUNE DI SAN GIORGIO DEL SANNIO.
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