Oggi si celebra la giornata mondiale dell'Acqua, istituita nel 1992 dall'ONU per rimarcare l'importanza dell'oro blu, l'acqua, il bene comune per eccellenza.
Purtroppo, quest'anno, tale ricorrenza si celebra proprio nello stesso momento in cui, sia a livello nazionale che a livello locale, viene di fatto CALPESTATA la volontà di quei 26 milioni di italiani che nel 2011 si sono espressi a favore della gestione dell'acqua in chiave totalmente pubblica.
Pochi giorni fa, infatti, la maggioranza di governo ha votato a favore dell'emendamento del deputato PD Borghi che CANCELLA l'articolo 6 della Legge popolare per la Ripubblicizzazione dell'Acqua, ovvero, con un colpo di mano, il PD ha stravolto l'impianto della legge eliminando la norma che prevede che l'acqua sia pubblica, che la gestione dell'acqua sia pubblica e che le infrastrutture dei servizi idrici siano pubbliche.
Ora la legge verrà discussa alla Camera e proprio a questa discussione si affidano le speranze dei cittadini che hanno votato a favore dell'acqua pubblica.
Ma non finisce qui!
A intervenire sul servizio idrico c'è anche il Testo Unico sui servizi pubblici locali, decreto attuativo della legge Madia, che nei fatti indica ai comuni come la ripubblicizzazione dell’acqua debba essere solo una delle vie possibili , e ovviamente non la preferibile. Inoltre, questo decreto attuativo cancella di fatto anche l’altro referendum, quello sulla tariffa ovvero stabilisce che si tornerà a leggere in bolletta la voce la “adeguata remunerazione del capitale investito, coerente con le prevalenti condizioni di mercato”. Cosa significa? Che i cittadini, dovranno farsi carico anche degli investimenti fatti dai gestori.
Se a tutto ciò aggiungiamo il fatto che lo Sblocca Italia ha avuto come obiettivo principale la concentrazione dei servizi pubblici locali nelle mani di poche grandi multi-utility capaci di competere all’estero e ha previsto che divenisse “gestore unico” (obbligatorio per ogni ambito territoriale) chi ha già in mano il servizio “per almeno il 25 % della popolazione” ( ovveroA2A, Iren, Hera, Acea, etc) e poi la legge di Stabilità ha incentivato i Comuni a privatizzare i servizi pubblici a rete (acqua inclusa) attraverso sconti sul Patto di Stabilità interno, arriviamo facilmente a comprendere come mai un filo governativo, nonché fedelissimo di Renzi, come il sottosegretario Del Basso De Caro spinga così fortemente per la fusione tra Alto Calore Servizi e Gesesa, partecipata di ACEA.
Siamo di fronte ad una piramide del potere di stampo feudale, in cui il sovrano Renzi, cui si deve obbedienza e fedeltà, regna e affida gli incarichi sui territori, ovvero ordina di spingere per le privatizzazioni, ai vassalli sottosegretari, presidenti di consiglio regionale, segretari di partito e perfino presidenti di società di gestione dell'acqua, i quali a loro volta agiscono sui valvassori sindaci, magari anche attraverso prebende di vario genere, vedi assunzioni tramite Garanzia Giovani o promesse di candidatura per le prossime amministrative, affinché le posizioni dei superiori prendano piede e vengano accettate senza discussione alcuna dai servi della gleba ignoranti.
Oggi, però, il popolo, quello che non vuole più essere servo, si è affrancato da quell'ignoranza di un tempo su cui si basa una quota notevole e malsana di politica nazionale e locale!
Oggi la gente partecipa e si informa, legge, vuole sapere, naviga in rete e ha i mezzi per far crescere la propria conoscenza e consapevolezza.
E proprio questo, l'informazione capillare al cittadino, è uno dei punti deboli del percorso che sembrava già tracciato e deciso della Fusione Alto Calore - Gesesa, e uno dei punti di forza di chi si oppone alla fusione!
Abbiamo detto no alle mezze verità e alle dichiarazioni omissive di tutti gli attori istituzionali di questa vicenda realizzando una rete di cittadini sanniti ed irpini che si stanno mobilitando alacremente nei propri paesi perché venga discussa nei Consigli Comunale la proposta di trasformare Alto Calore in una società consortile speciale a capitale 100% pubblico, facciamo informazione coi nostri Gazebo in Piazza, coinvolgiamo associazioni e comitati in una battaglia che è battaglia di civiltà innanzitutto ma anche di legalità e trasparenza amministrativa.
Proprio al gazebo di ieri a San Giorgio del Sannio, un cittadino ci ha chiesto: “ma poi la questione dei debiti come si risolve, li pagano i Comuni, cioè i cittadini?”
Innanzitutto, è necessario sancire istituzionalmente che sulla gestione dell'acqua non si fa profitto, poi bisogna vedere le carte, i bilanci, quei bilanci indebitamente tenuti nascosti da anni, fare un reale calcolo dell'ammontare, poi rinegoziare il debito e soprattutto renderne responsabili coloro che con la loro scellerata gestione, presidenti, amministratori delegati, consiglieri di amministrazione, sindaci, politici questo debito lo hanno procurato!!!
Senza dimenticare il recupero dei crediti nei confronti di migliaia di utenti morosi, che a San Giorgio del Sannio ad es., secondo fonti sindacali, ammontano ad oltre il 40% delle utenze.
Non sarà facile fermare i potentati politici ed economici, non sarà facile fermare questa fusione, e non lo sarà soprattutto nel Sannio, dove la politica ha fagocitato tante realtà associative anche giovanili, bloccando di fatto buona parte del dissenso popolare.
Ci confortano, però, gli esempi di Napoli, unica grande città ad avere una gestione del servizio idrico totalmente pubblica, del Comune e della Provincia di Avellino e dei numerosi Comuni irpini che si sono espressi in maniera del tutto contraria all'entrata dei privati nella gestione dell'acqua, di Padre Alex Zanotelli che ha chiamato a raccolta la Chiesa e le comunità cristiane affinché anche nelle omelie domenicali si affronti il problema dell'acqua, che Papa Francesco nella sua recente Enciclica “Laudato Si'” ha definito “diritto umano essenziale, fondamentale e universale”.
Non sarà facile, ma giocare a tutto campo è l'unica strategia possibile e noi lo stiamo già facendo.