Tra poche settimane si terrà l’assemblea dei Sindaci per l’approvazione del Bilancio di Alto Calore Servizi ma la situazione generale della società è già quasi completamente compromessa.
Siamo ormai ai titoli di coda, con i tentativi, peraltro miseramente falliti, di De Stefano per convincere i soci alla ricapitalizzazione da un lato e le azioni legali dei Comuni e le delibere per uscire dalla società dall’altro e nel mezzo l’incubo degli stipendi non pagati, dei pignoramenti e di un numero di lavoratori in esubero pari ad almeno 100 unità.
All’orizzonte, poi, c’è la prospettiva di una gara europea per l’affidamento del servizio, gara che la politica, nello specifico il PD e i partiti amici delle lobbies, assolutamente non vuole perché in questo modo non potrebbe più controllare la situazione.
Ebbene, indipendentemente dal Bilancio, che secondo voci di corridoio dovrebbe comunque vedere la gestione corrente in attivo con il debito, invece, in continua e costante ascesa per effetto degli interessi, l’unica soluzione possibile per mantenere in vita ACS attualmente continua ad essere la fusione, in ottica acquedotto meridionale, con GESESA e Acquedotto Pugliese con il conseguente ingresso nella gestione di ACEA, figlia della grande multinazionale SUEZ.
Tutto ciò premesso, stante il fatto che sicuramente nei prossimi giorni sarà tutto un proliferare di comunicati dei partiti, dei movimenti, dei comitati con i quali tutti vorranno dire la loro, è necessario ribadire alcuni punti fermi:
• Il referendum sull’acqua pubblica del 2011 non è stato rispettato perché l’allora partito di governo, il PD, doveva rendere conto alle lobbies sue sostenitrici e finanziatrici
• Il PD nazionale è senza ombra di dubbio il responsabile di aver approvato norme che facilitano l’ingresso dei privati nella gestione dei servizi, acqua in primis, nonostante l’acqua sia un bene comune e quindi un diritto imprescindibile dell’individuo
• Il PD irpino e sannita è senza ombra di dubbio il responsabile dello sfacelo attuale di ACS, vissuto, considerato e percepito per decenni come un poltronificio
Oggi, però, la situazione profondamente cambiata, il PD è un partito in profonda crisi e ha perso le elezioni in maniera pesante, di contro il M5S, ovvero quella forza politica che ha l’acqua pubblica tra i suoi principi fondanti, ha ottenuto un risultato molto importante e potenzialmente può anche andare al governo del Paese.
E’ necessario, quindi, oggi più che mai, che il M5S irpino e sannita la smetta una volta e per sempre di parlare soltanto, di teorizzare e pontificare di acqua e di gestione pubblica e ci dimostri coi fatti quali sono le azioni concrete da portare avanti per la reale ripubblicizzazione del servizio idrico.
A questo proposito è importante ricordare che il Presidente della Camera Fico ha citato proprio la necessità di rispettare l’esito del referendum sull’acqua pubblica sin dal suo discorso di insediamento ma nessuno ad oggi ha ancora detto la verità sulla ripubblicizzazione a Torino e a Roma. E qual è questa verità?
Che a Torino è stata sì approvata la delibera di trasformazione dell’azienda idrica “SMAT s.p.a.” (soggetto di diritto privato i cui azionisti sono istituzioni pubbliche) in azienda di diritto pubblico, ma i fatti ci dicono che a fronte del fatto che lo Statuto di Smat prevede che il 75% dell’azionariato si dichiari favorevole alla trasformazione, il Comune detiene solo il 64% delle azioni. La restante parte è in mano ad altri 290 comuni della cintura torinese riconducibili al Partito Democratico, e quindi scarsamente interessati a portare a buon fine l’operazione.
A Roma, invece, accade che ACEA, che è sotto il controllo per il 51% del Comune di Roma, attraverso la sua controllata ACEA ATO 2 gestisce il servizio idrico della capitale. Ebbene, anche se con la Sindaca Raggi si è avvertito un certo cambio di rotta sulla questione investimenti per la manutenzione delle reti e sul potenziamento degli impianti di depurazione, non si è mossa una foglia sulla questione della separazione tra ACEA e ACEA ATO2 e della ripubblicizzazione di ACEA ATO2. Anche se ACEA è al 51% del Comune, infatti, gli utili che Acea Ato 2 produce grazie al settore idrico, ottenuti con aumenti tariffari, non tornano ad Acea Ato 2 nella forma di investimenti ma come crediti, su cui la controllata Acea Ato 2 paga ad Acea interessi di mercato. Ciò vuol dire che Acea presta con l' interesse ad Acea Ato 2 i soldi che quest'ultima ha guadagnato. Quindi, a ben vedere, a Roma la gestione dell’acqua non è per niente pubblica, nonostante anche qui sia stata approvata la famosa delibera di indirizzo.
In conclusione, considerato che GESESA è una controllata di ACEA che a sua volta è una controllata di SUEZ , cosa intende fare la nuova e nutrita platea di parlamentari sanniti e irpini nella eventualità di una nuova società formata da ACS, GESESA e AQP?
Sono disponibili a creare nei tempi brevissimi tavoli di lavoro locali con esperti nella ripubblicizzazione dei servizi e a lavorare per imporre nei luoghi deputati il tema della gestione pubblica al 100%?
Sono disponibili a sostenere e a portare avanti il tema della gestione in house del servizio idrico per i piccoli comuni e per quelli che posseggono sorgenti sul proprio territorio?
E soprattutto, sono disponibili a portare in Parlamento la salvaguardia dei santuari dell’acqua irpini, sanniti e di tutto il sud Italia?
Per queste domande la popolazione sannita non vuole più risposte in politichese o i soliti spot e le fotografie davanti ai tribunali né tanto meno vuole assemblee pubbliche dove ci si parla addosso e quando si esce tutto è uguale a prima!!!
Mettano, pertanto, la loro firma sotto questi impegni e accettino, in pieno spirito di partecipazione democratica, il monitoraggio della loro azione politica da parte dei cittadini: sia questa la loro sfida alla politica dei partiti che hanno calpestato e continuano a calpestare gli esiti del referendum del 2011.
Anche se viviamo a San Giorgio del Sannio l’esempio da seguire deve essere Parigi, dove dal 1 gennaio 2010 è stata tolta alle multinazionali Veolia e Suez la gestione della rete idrica, con un risparmio di 35 milioni di euro l’anno e una riduzione dell’8 per cento della bolletta dell’acqua.
Certo il cammino è lungo e irto di difficoltà come lo è stato per tutte le città che hanno voluto la ripubblicizzazione, tuttavia è l’unica strada da percorrere per vedere riconosciuto il DIRITTO ALL’ACQUA!!!